Sulla 12enne di Pregassona: «Ce ne stiamo occupando attivamente da mesi»
BELLINZONA – Sul caso della 13enne di Pregassona aggredita da alcune coetanee, e ripersa con il telefonino, sono andate moltiplicandosi negli ultimi giorni le richieste di un intervento (ma anche le offerte di aiuto da parte di alcune Associazioni). E, oltre ai timori per la sua salute psicologica, non hanno mancato di farsi strada gli interrogativi circa le responsabilità delle Autorità, in particolar modo quelle scolastiche.
In effetti, se è vero che la vicenda si è consumata fuori dalle mura scolastiche, sembra che le protagoniste siano più o meno tutte studentesse dello stesso istituto. Ma coma sta affrontando la scuola questa situazione? Lo abbiamo chiesto a Emanuele Berger, direttore della Divisione della Scuola del DECS.
«La vicenda è nota al DECS. Le autorità scolastiche, le autorità di polizia e la rete sociale se ne stanno attivamente occupando già da qualche mese. Per questo motivo, per non interferire con l’operato degli attori scolastici, di polizia e della rete sociale, e a tutela dei minori coinvolti, non possiamo fornire ulteriori informazioni sul caso».
Il caso è isolato o ve ne sono altri simili?
«La frequenza dei casi in cui gli allievi di scuola media sono coinvolti in fatti simili a quello qui in oggetto è difficilmente quantificabile, anche se probabilmente in aumento. Non è però corretto connotare il fenomeno come prettamente scolastico, poiché la maggior parte dei casi affrontati dalle direzioni e dai docenti riguardano situazioni che, pur manifestandosi a scuola, non sono generate dal contesto scolastico».
La violenza è dunque in aumento?
«Occorre dire che la violenza percepita è sempre superiore a quella reale, per il semplice fatto che un singolo episodio realmente accaduto può generare ansie e paure che amplificano i fatti reali. Nell’ambito della violenza, purtroppo, la scuola si trova spesso a dover controbilanciare comportamenti e modelli veicolati da adulti di riferimento e da istanze sociali che complicano notevolmente il compito di educare gli allievi al senso di responsabilità, alla pace, nonché al rispetto dell’ambiente, degli ideali democratici e dei diritti della persona. A questo proposito, appare centrale la collaborazione tra scuola, famiglie e società civile nel fornire ad allieve e allievi modelli, discorsi e pratiche esemplari, che rinuncino all’impiego della violenza nelle relazioni sociali e nella risoluzione dei conflitti interpersonali o collettivi».
Quali sono le misure che vengono intraprese?
«Il mezzo principale di cui la scuola dispone per contrastare il fenomeno della violenza in ogni sua forma consiste nel proprio mandato educativo. Una scuola capace di raggiungere le proprie finalità è una scuola che riesce a formare, in accordo alla Legge della scuola (Lsc) del 1° febbraio 1990, persone in grado di assumere ruoli attivi e responsabili nella società e di realizzare sempre più le istanze di giustizia e di libertà».
Quanta attenzione c’è riguardo ciò che viene condiviso tra i telefonini degli studenti o tra i social?
«Il DECS pone particolare attenzione nel promuovere un’educazione all’utilizzo consapevole dei media e delle tecnologie. Nel Piano di studio della scuola dell’obbligo ticinese la presenza dell’ambito “tecnologie e media” è stata recentemente rafforzata in un’ottica trasversale e sono stati allestiti degli itinerari didattici specifici per un’educazione all’uso consapevole dei media e delle tecnologie. Ad allieve e allievi è ad esempio offerta un’apposita formazione dedicata alla comunicazione online e alla condivisione di immagini intime (progetto di teatro forum Per un pugno di like)».